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I pericoli del social reading

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I pericoli del social reading

imm_twitter_2Il pericolo del controllo e della perdita di privacy sono alcuni dei problemi cui nell'ecosistema digitale non si può fare a meno di confrontarsi. Non siamo nel mondo descritto da Orwell nel suo magnifico 1984 ma comunque non possiamo neanche dirci completamente certi di non essere controllati attraverso le tecnologie di cui ci dotiamo. Meglio ancora, viviamo in una civiltà abbastanza libera in cui non si viene controllati di default ma le tecnologie di cui ci stiamo dotando in maniera così diffusa consentono alle autorità che volessero farlo di controllarci in ogni nostro singolo passo.

Il controllo può avvenire anche nel campo della lettura e nelle forme più alte della libertà di pensiero ed opinione. Come sappiamo, nella storia, la lettura e la diffusione di opinioni e punti di vista avversati da potere e autorità di turno avveniva soprattutto per mezzo libri/giornali. Ancora oggi la libertà d'opinione si basa su questi media, calati anch'essi nell'ecosistema digitale in cui viviamo. Secondo Neil M. Richards, docente di legge alla Washington University School of Law, la condivisione cosiddetta "frictionless" delle letture può diventare un pericolo concreto per la nostra privacy intellettuale.

L'autore nel suo paper "The perils of Social Reading" (scaricabile per intero) punta il dito contro il concetto di "frictionless sharing" la possibilità, cioè, di condividere contenuti online senza doverlo scegliere volontariamente ma in maniera del tutto automatica. Il documento non è un atto di accusa contro l'idea di condivisione online delle proprie passioni e, quindi, anche delle proprie letture ma un'articolata serie di considerazioni giuridiche che valutano il pericolo di condividere senza volerlo (questo secondo l'autore è la condivisione frictionless) le proprie letture che non sempre verrebbero condivise.

Per molti, e in molte occasioni, la lettura è qualcosa di intimo e privato. Sbandierare ai quattro venti social quello che si legge non sempre è sinonimo di volontà. Sono proprio gli strumenti di condivisione automatica che mettono a repentaglio l'alto esercizio di libertà della lettura individuale che secondo Richards dovrebbe godere di una protezione particolare rispetto alla diffusione di altri tipi di dati personali.

Sostiene il prof: "Stiamo ridefinendo le sfere del pubblico e del privato per il nuovo secolo. Le scelte che facciamo adesso sui confini tra individuale e collettivo, tra consumatori e aziende, tra cittadini e stato, avranno delle ovvie ramificazioni nella società che lasceremo ai nostri figli". Per questo motivo è necessario definire con attenzione anche i limiti della privacy intellettuale che l'autore definisce come "la possibilità di pensare e leggere liberamente senza essere monitorati e senza subire interferenze". Le proprie letture, così come gli audiovisivi che guardiamo individualmente, con gli amici o in famiglia, possono rivelare molto della nostra personalità, dei nostri sogni, delle nostre ambizioni ma anche delle nostre paure. Insomma, i prodotti culturali che "consumiamo" ci descrivono come persone.

Richards cita come esempio di protezione di questa particolare libertà personale la più stringente normativa sulla "book privacy" entrata in vigore dal 1 gennaio 2012 in California - e che coinvolge anche le tecnologie emergenti come quelle legate agli ebook. Secondo queste normative è proibita la diffusione delle informazioni sui lettori in possesso di ogni genere di negoziante di libri. Questa è permessa solo in caso di esplicita richiesta di una corte di giustizia oppure può avvenire solo se l'utente, bene informato, acconsente in maniera volontaria. Leggi simili sono previste in altri stati americani ma sono riferite quasi sempre alle librerie "reali" e non a quelle "virtuali". Le leggi federali americane regolano l'accesso governativo alle informazioni e ai dati dei lettori ma non prevedono limiti concreti alle aziende private per la divulgazione, ad altre entità private, di tutte queste preziose informazioni.

Tra le righe di questo paper fa capolino il nome di Amazon e non poteva essere altrimenti data l'elevatissima quantità di informazioni sulle letture digitali dei cittadini di mezzo mondo che il gigante americano possiede.

Sono d'accordo che la condivisione di una lettura o di qualcosa che abbia a che fare con le proprie letture debba essere volontaria, ma secondo voi quanto possono essere pericolose le tecnologie di condivisione automatica o "frictionless" che Mark Zuckerberg poco più di un anno e mezzo fa ha elogiato in una conferenza per sviluppatori e che il suo Facebook favorisce così tanto?


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